La gestione dei conflitti in azienda
3 modi per trasformare un conflitto in uno strumento di crescita per il team“Cosa fare in caso di conflitto nel team” o “come fare per evitare conflitti in azienda” sono due delle domande più ricorrenti che ci vengono rivolte quando lavoriamo sull’organizzazione di un team.
In questo articolo vorrei cercare di dare delle informazioni generali sul tema, basate sulla nostra esperienza sul campo con (tanti) diversi gruppi aziendali.
Naturalmente, sono indicazioni di massima da adattare poi alle singole realtà. Tuttavia, partire da questi elementi consente di impostare già un lavoro importante che può fare risparmiare tempo, soldi e… calmanti.
Natura e utilità del conflitto nel team
Nel precedente post intitolato Costruire un team in 4 step abbiamo parlato di come il conflitto sia una fase fisiologica nel processo di sviluppo di un gruppo di lavoro e analizzato le quattro fasi critiche che fanno la differenza tra un gruppo di persone e una squadra.
È impossibile evitare il conflitto. Però, se gestito correttamente, può essere un elemento di efficace sviluppo del team.
In questo articolo vediamo il conflitto “intra-gruppo”, ossia di quello che si sviluppa all’interno di un gruppo di lavoro ben definito.
È importante tenere in considerazione che il conflitto si genera in situazioni di cambiamento. Qualsiasi modifica del contesto interno (entrata o uscita di un membro) o esterno (modifiche del contesto economico, normativo, sanitario, ecc.) modificano l’equilibrio dinamico che si determina all’interno del gruppo. Un disequilibrio comporta una frizione tra i membri del gruppo: devono trovare un nuovo punto di equilibrio che consenta di raggiungere l’obiettivo comune. Questo continuo adattamento è una competenza collettiva che può – e deve – essere allenata per migliorare la prestazione del team, esattamente come in una qualsiasi squadra sportiva.
Un secondo elemento da tenere in considerazione è a livello organizzativo: può essere utile scindere il conflitto interpersonale (due persone che proprio non si vanno a genio) da quello professionale, come già accennato nell’articolo su Michael Jordan The Last Dance: Vince il campione o vince il team?
In team ad alta prestazione, esiste spesso un’elevata conflittualità connaturata alle forti personalità dei membri e alle enormi pressioni cui la squadra è sottoposta.Tuttavia, i singoli membri funzionano come un orologio svizzero in situazioni professionali, dove ognuno conosce il proprio ruolo e riconosce quello dei compagni. Le squadre di alto livello sono allenate in modo specifico su questo e hanno superato la famosa fase del conflitto di cui abbiamo già parlato.
3 suggerimenti pratici per risolvere un conflitto
Fatte le doverose premesse, vediamo di capire quali sono alcune pratiche che facilitano la risoluzione di un conflitto.
Affrontare il conflitto
Il primo passo in assoluto per affrontare qualsiasi situazione è riconoscerla e capirne gli elementi che sono alla sua base.
In questo caso, ci sono due aspetti molto importanti. L’esplosione di un conflitto avviene a seguito della cosiddetta “goccia che fa traboccare il vaso”: spesso ci si trova a litigare – per esempio – sulla posizione di una sedia o sul comportamento di un collega che ci è stato riportato da un altro collega che l’ha detto all’amico che, guarda caso, è anche mio amico.
Ecco, difficilmente la causa del malessere è l’argomento per cui si litiga.
Come per la sensazione di dolore, il conflitto è un importante campanello di allarme che bisogna riconoscere, accogliere e di cui bisogna studiarne le causa. Una volta individuate le cause bisogna avere il coraggio di parlarne, in primis con (o tra) le persone coinvolte. Affrontare il conflitto crea disagio in chiunque, ma sotto certi aspetti è una forma di comunicazione, un po’ come il pianto di un bambino: è una richiesta di attenzione, più o meno consapevole, da parte di uno o più membri del gruppo che stanno cercando di trovare la giusta misura per confrontarsi. Quindi, affrontare il conflitto significa velocizzare questo processo.
In aziende in cui la cultura organizzativa è molto forte, o molto stratificata, può accadere invece che il conflitto non emerga mai in forma esplicita. Questo rende più difficile riconoscerlo e affrontarlo, con il rischio che esploda in maniera più dannosa e deflagrante.
Cosa fare in questo caso? Utilizzare metodologie più o meno raffinate per farlo emergere e renderlo visibile.
In questo caso, non c’è un metodo che funziona per tutti, ma dipende:
- dallo stato di maturazione del team;
- dal livello di performance;
- dalle competenze relazionali dei suoi membri;
- dalle capacità del leader di assumersi la responsabilità della sua gestione.
Questa è una delle situazioni in cui la formazione esperienziale si rivela particolarmente efficace, perché permette di aumentare la pressione sul team fino a farla emergere in una situazione controllata e apparentemente lontana dalle dinamiche lavorative.
Usare l’assertività
È molto facile che una situazione di aperta conflittualità sfoci in insulti e attacchi sul piano personale.
L’offesa personale va a intaccare direttamente l’altro a un livello molto più profondo e sensibile.
La capacità di essere assertivo in una situazione ad alta pressione è una competenza fondamentale che velocizza e facilita la risoluzione del conflitto. L’assertività aiuta a esprimere il proprio legittimo disaccordo mantenendolo più su un piano professionale e meno su quello emotivo. Un conto è dire “sei un incapace!”, un altro “ti è stato assegnato questo compito, ma non è stato portato a termine in modo corretto”. La parola chiave nell’utilizzo dell’assertività è il rispetto dell’altro: ciò permette di separare in modo più semplice l’ambito professionale da quello personale.
Focalizzarsi sul bisogno comune
Una volta capito come funziona la comunicazione assertiva, si può continuare a usare questa metodologia per arrivare a una sorta di negoziazione in cui le parti, dopo aver riconosciuto il conflitto, possono più facilmente concentrare le energie sui bisogni reali e sull’obiettivo comune.
Prendere consapevolezza e accettare la possibilità di un conflitto facilita il processo di focalizzazione su come, insieme, sia più funzionale raggiungere l’obiettivo condiviso. Se le parti in battaglia si trovano all’interno dello stesso gruppo di lavoro, questo implica necessariamente che l’obiettivo da raggiungere sia interesse di tutti. Dal punto di vista professionale ciascuno – per quanto di competenza – ha l’obbligo di adoperarsi per realizzare ciò per cui il gruppo è nato. La consapevolezza di questo semplice aspetto aiuta a mantenere il timone e la direzione anche durante la tempesta.
Da qui in poi il discorso si fa lungo e complesso. Ad ogni modo, già questi tre punti prospettano diversi mesi di lavoro per migliorare le prestazioni della nostra squadra. Se siamo in una posizione di vertice o abbiamo la responsabilità di un team, sviluppare la sensibilità che ci permette di monitorare l’umore dei nostri collaboratori è una competenza fondamentale per aiutarli ad essere più soddisfatti ed efficienti. Ma soprattutto per evitare che l’ambiente di lavoro si trasformi in un campo di battaglia.