I fattori critici di successo di un team

#6 Apprendimento

Penultima puntata di approfondimento dei precedenti articoli e post dove ho parlato di quali elementi sono indispensabili per favorire lo sviluppo o il consolidamento del team.
La rubrica ha l’obiettivo di andare un po’ più a fondo su ognuno di questi “pilastri” che sorreggono il concetto e il risultato di squadra.
In questa sessione parliamo di apprendimento, un argomento che sento particolarmente vicino.

L’essenza dell’essere umano

Mi occupo di apprendimento dal lontano 1988. Negli anni ho conosciuto diverse e divertenti forme di apprendimento, molto lontane dalle noiose pedanterie scolastiche e, forse per questo, molto efficaci.

All’inizio sembrava tutto semplice. In fondo si trattava di spostare delle informazioni dalla capoccia A alla capoccia B. Con l’esperienza, tuttavia, mi sono reso conto che le cose erano un pelino più complesse.

Quando poi ho cominciato a studiare avidamente tutto quello che aveva a che fare con le neuroscienze, neologismo del tempo che non si capiva esattamente a cosa facesse riferimento, sono stato risucchiato in un mondo di infinite possibilità.

Quello che ho capito di tutto questo fiorire di metodi, tecniche approcci e ricerche sono essenzialmente due cose:

  1. l’apprendimento (o la spinta all’apprendimento) è una caratteristica innata e centrale nello sviluppo dell’essere umano e di molte forme animali
  2. le forme, i canali e le modalità di apprendimento possono essere molto diverse e complementari tra loro

L’apprendimento è uno degli elementi più potenti di trasformazione della persona che – letteralmente – non è più la stessa dopo essere passata attraverso un processo di apprendimento. Ciò che avviene nel nostro fisico e soprattutto nel nostro cervello arriva a cambiare la struttura anatomica dei nostri sistemi, in una continua spinta all’adattamento all’ambiente esterno.

Immaginate semplicemente come cambia la vita di un bambino/a che impara a camminare. Al di là dello sforzo sovrumano cui si sottopone volontariamente (potrebbe comodamente continuare a gattonare in modo molto efficace), ad un certo punto della sua vita la voglia di scoprire lo porta a mettersi precariamente su due piedi. Una posizione, difficile e faticosa, quasi innaturale. Una posizione dalla quale, tuttavia, il mondo appare diverso, nel quale può muoversi con schemi, possibilità… e rischi diversi.

Quali sono gli ingredienti dell’apprendimento? 

Per far sì che questo magico processo avvenga sono necessari una serie di elementi.
Le informazioni, sotto diverse forme, che rappresentano probabilmente l’elemento di livello più basso in tutto il processo. Queste possono essere di diversa natura. Sono e sono sempre state tutte intorno a noi. Immaginate di essere immersi in un gigantesco google in 3D. Queste, però, da sole servono a poco. Anzi, quando sono troppe potrebbero addirittura generare confusione. Staticamente immagazzinate all’esterno e all’interno dei nostri sistemi, rappresentano una sorta di stimolo potenziale, che possiamo attivare più o meno volontariamente.

Un altro elemento imprescindibile è l’intreccio di due termini dal significato ambiguo: attitudine e atteggiamento. Senza entrare nel merito filologico dei termini, accontentiamoci di pensare all’attitudine come una sorta di predisposizione naturale verso certe abilità. Parallelamente, l’atteggiamento è una disposizione molto più influenzata dalla pratica, dall’allenamento e dalle esperienze cui ci sottoponiamo durante la vita, e che ci portano ad assumere uno o più punti di vista particolari. Insieme, queste due caratteristiche, ci spingono non solo a cercare gli stimoli che potrebbero innescare un processo di apprendimento, ma a scegliere i canali più adatti che possano realizzare questa magia.

Immaginate quante forme e metodi di insegnamento possiamo attivare se guardiamo la cosa da questa prospettiva. C’è chi apprende meglio se fa, chi se vede, chi se si concentra, chi se si muove per prove ed errori, e chi invece se viene guidato passo passo; ma c’è anche chi apprende più attraverso il movimento, chi a livello cognitivo, chi in modo intuitivo, ecc.

Off-topic personalissimo: questa è per me la mostruosità della scuola “moderna”. Trenta ragazzi e ragazze chiusi in una stanza (o in DAD!), con un arcobaleno di attitudini e atteggiamenti completamente diversi, sottoposti alla tortura di un’unica, immutabile e stantia metodologia didattica.

Un altro elemento indispensabile è rappresentato dall’esperienza. L’esperienza è quel momento quasi magico che ci mette in connessione con l’ambiente interno ed esterno.

La nostra cultura occidentale si fonda in buona parte su una separazione di origine platonica tra “anima e corpo”, e su un rigido razionalismo cartesiano, che ha portato non solo a una netta distinzione tra corpo e mente, ma anche a una presunta superiorità della parte razionale della nostra mente. 

Oggi, le cose stanno cambiando direzione. Si è messa in dubbio questa rigida separazione, e si tende a considerare l’essere umano non come contenitore a sé stante, separato dal resto, ma come una realtà intimamente connessa con l’ambiente nel quale è immerso; quasi un continuum dai contorni non esattamente definiti. Quello che siamo, lo siamo in quanto esseri intimamente connessi con il contesto, influenzati e determinati dal contesto stesso. 

Questo ribaltamento del paradigma assegna un valore primario all’esperienza, che diventa uno strumento di conoscenza, sviluppo e determinazione.
Quale esperienza?

In realtà, qualsiasi esperienza porta ad un cambiamento e ci permette di apprendere qualcosa. Attraverso l’esperienza avviene quel trasferimento di informazioni alimentato dagli stimoli che l’ambiente ci manda o che noi attivamente ricerchiamo. Quello che, tuttavia, dà un valore eccezionale all’esperienza è la consapevolezza di ciò che è avvenuto grazie a quella specifica esperienza. Questo può avvenire in diversi modi: dall’osservazione riflessiva e concettualizzazione astratta di Kolb, fino a processi di consapevolezza più istintiva e “di pancia”.

Gruppo o persona?

Ma tutta questa lunga trattazione si applica solo alla persona o anche ad un gruppo di lavoro?
Io direi: assolutamente sì. 

Un team rappresenta un organismo dinamico, capace di apprendere, di cambiare e di adattarsi agli stimoli che – anche in questo caso – possono arrivare dall’esterno o dall’interno.

Per un team, il bisogno di apprendimento è ancora più importante, in considerazione della delicatezza delle relazioni che si instaurano al suo interno.

Il processo di apprendimento all’interno di un gruppo è particolarmente stimolante, in quanto deve tenere in considerazione le diverse attitudini e atteggiamente delle persone che lo compongono. 

Il risultato più interessante, oltre ad un miglioramento della performance sul lungo termine, è il fatto che l’apprendimento condiviso e diffuso all’interno del team, rappresenta un patrimonio che contribuisce a dare unicità alla squadra e stimola in modo deciso il senso di appartenenza dei singoli membri, una sorta di chimera di tutti i processi di team building.

Nell’ambito di un percorso di apprendimento dedicato ad un team, le metodologie che utilizzano l’esperienza come elemento centrale offrono infiniti stimoli su cui costruire un percorso formativo coinvolgente e condiviso. 

Nell’ambito dell’apprendimento, la formazione esperienziale rappresenta per un team quel passaggio dal gattonare alla stazione eretta di un bambino.

Suggerimenti pratici

Quali azioni pratiche possono favorire l’apprendimento all’interno di un gruppo di lavoro?
Come mettere le proprie attitudini e abilità a fattor comune?
Ci sono delle buone pratiche che possono sicuramente aiutare a costruire un percorso di apprendimento di team. La cosa più interessante è che un possibile effetto collaterale diventa il consolidamento del team stesso.
Vediamone qualche esempio.

Qualsiasi esperienza può essere oggetto di studio
Vivere insieme le più diverse situazioni può già dare, di per sé, un grande vantaggio competitivo al team. Quello che però fa la differenza è fermarsi per riflettere e analizzare quello che si è vissuto; cosa è andato bene e perché; cosa sarebbe potuto andare meglio e come metterlo a frutto nelle future situazioni. Già all’interno del nostro ambiente professionale siamo sommersi da stimoli ed esperienze. La cosa più difficile, tuttavia, è fare un’analisi più razionale delle dinamiche che tali stimoli scatenano. Ma non demordete, si tratta solo di allenarsi. 

Allena al confronto e alla diversità di opinioni
Come già affermato nell’articolo sull’inclusione, mettere a sistema le diversità già presenti all’interno del team e usarle come leva per mettere in dubbio abitudini consolidate e punti di vista statici, può aiutare non poco a vedere infiniti percorsi di apprendimento tutto intorno a noi.

Investi in formazione esperienziale 
La formazione esperienziale non è certo l’unica metodologia di formazione possibile per stimolare l’apprendimento all’interno di un team. Quello che, tuttavia, sento di poter affermare con certezza è che è la pratica di formazione e sviluppo più flessibile e adattabile alle diverse esigenze di apprendimento e ai diversi gruppi. Ovvio che non basta e non serve sottoporre le persone a prove e situazioni senza senso. Occorre un’attenta pianificazione del “prima”, del “mentre” e del “dopo”, per pensare di stimolare un maggior livello di consapevolezza e un reale cambiamento. Se ben progettata, essa rappresenta una sorta di scorciatoia efficace per sviluppare e far crescere un team sul campo.

Per chi è riuscito ad arrivare fino a qui, complimenti.
Mi sono lasciato prendere la mano dalla passione per l’argomento. Ancora più interessante sarebbe discuterne in modo più approfondito.
Se pensi che l’argomento possa essere di interesse per un/una collega, condividi pure questo articolo. 

I fattori critici di successo di un team #6 - Apprendimento 1
Roberto è il responsabile dei progetti di formazione di People Group. Formatore, appassionato di neuroscienze e Guida Canyon, è sempre alla ricerca di nuovi modi per conoscere e interpretare la realtà che ci circonda. Per comunicare con l’autore: roberto@peoplegroup.it

Photo credits: Alice Dietrich