La coesione di un team

Cosa tiene insieme e trasforma un gruppo di persone

Permettetemi un audace parallelismo, giusto per allenarci all’utilizzo di analogie e metafore. Come in fisica esistono le “interazioni fondamentali” (o forze), anche quando pensiamo ad un insieme di persone abbiamo interazioni fondamentali, che possono avere effetti contrastanti. 

Ci sono forze centrifughe, quelle che allontanano i membri del gruppo dal gruppo stesso o tra di loro. Poi ci sono le centripete, che spingono in modo potente le persone sempre più all’interno di un gruppo o di una comunità. 

Invidia, pensiero non convenzionale, egoismo, conflitto, pettegolezzo, mancanza di condivisione, potrebbero essere incluse nel primo gruppo. Comunicazione, empatia, fiducia, omologazione, obbedienza, sacrificio, minaccia, visione, sembrano far parte invece del secondo gruppo.

Alcune sono interne, connaturate al gruppo o alle singole persone, altre possono agire dall’esterno, con effetti anche rilevanti. Basti pensare al potere di una minaccia esterna come elemento di stimolo alla coesione, seppur di breve termine. Alcune – come la trasparenza – possono trasformarsi da fattore di coesione a elemento di allontanamento, magari per uno scarso livello di maturazione di un team, o per un livello di trasparenza troppo elevato rispetto alle potenzialità di un gruppo. Un po’ come la forza elettromagnetica che, a seconda della polarità delle particelle, può esercitare attrazione o repulsione.

Come fare per ottenere la massima coesione?

Prima di tutto dobbiamo chiederci se e quanto è funzionale questa “massima coesione”. Per continuare nella metafora, un eccesso di forza gravitazionale può portare alla formazione di un buco nero. 

Quelle che abbiamo definito come forze centripete, non sono sempre e  comunque positive: se fuori luogo possono creare danni e non aiutare alla costruzione di un gruppo sano o funzionale. Lo stesso conflitto, che ho inserito nel primo gruppo, può diventare uno strumento di coesione se gestito correttamente e limitato nel tempo.

Allo stesso modo, se devo pensare ad un modello di massima coesione – disfunzionale, ma a volte efficace – mi viene da pensare a una setta, dove il livello di omologazione è altissimo, e comunicazione, empatia e fiducia sono a senso unico. A meno che non abbiate intenzione di fondare una religione – cosa da non scartare di questi tempi, per il solo fatto che sarebbe un’attività esentasse – forse questo non è il modello più idoneo a raggiungere i vostri obiettivi.

Partire dagli obiettivi

Prendete un ideale, una passione o una community creata intorno a un personaggio più o meno pubblico e metteteci dentro un numero di persone superiore a due. In mancanza di altri interventi, dopo poco tempo inizieranno a crearsi spontaneamente delle dinamiche tipiche: dai pettegolezzi dissacranti al vero e proprio mobbing nei confronti di individui poco allineati o sottogruppi, dalle cerchie di potere a un conflitto cronico diffuso, dalla creazione di una sotto-cultura alla dispersione in gruppi separati.

Una visione chiara e degli obiettivi condivisi possono essere dei potenti antidoti alle situazioni appena descritte.

Questo non significa che avere degli obiettivi condivisi ci mette al riparo da tutto. Sicuramente possono essere un forte collante, ma dobbiamo essere consapevoli che le spinte centrifughe ci saranno sempre. Il pettegolezzo, ad esempio, può essere inteso come il prodotto di invidia ma anche come una forma di controllo sociale connaturato nell’essere umano e con una funzione evolutiva specifica.

È tutta una questione di equilibrio

Mettere insieme un certo numero di persone pensando che “più siamo, meglio è” è sempre un rischio.

Il conflitto, per quanto disagevole sul momento, può essere utile per affrontare i nodi che rallentano la formazione di un team coeso. Omologazione e obbedienza sono fondamentali per tenere insieme un team, ma possono essere un forte freno allo sviluppo, che può essere risolto con l’inserimento di persone che la pensano diversamente, spesso in modo critico.

Sempre tornando alla nostra metafora del mondo della fisica, l’universo che conosciamo esiste grazie a un equilibrio dinamico di forze che agiscono in senso opposto: la forza gravitazionale, elettromagnetica e le forze nucleari si contrappongono tra loro fino a trovare delle situazioni in cui si bilanciano magnificamente, per dar luogo a quello che vediamo e viviamo.

Questo equilibrio è continuamente influenzato da fattori interni ed esterni fino a quando uno di questi elementi non fa prevalere una forza su un’altra.

Se la vediamo da questo punto di vista appare chiaro che potrebbe aver poco senso parlare di leadership dove magari il problema è la comunicazione; oppure puntare alla eliminazione del conflitto quando non c’è di base una chiarezza di obiettivi condivisi.

Gli elementi che entrano in gioco quando andiamo a considerare le relazioni all’interno di un gruppo sono tante e difficili da individuare esattamente.

Una attenta fase di analisi può essere molto utile a individuare la direzione più corretta per stimolare al meglio il gruppo e ottenere la desiderata coesione.

Sempre che la stessa sia funzionale agli obiettivi pianificati.

Mettere a budget una discreta quantità di tempo da dedicare all’osservazione, alla gestione e alla stimolazione del proprio team è di sicuro un investimento di valore nel lungo termine.

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Roberto è il responsabile dei progetti di formazione di People Group. Formatore, appassionato di neuroscienze e Guida Canyon, è sempre alla ricerca di nuovi modi per conoscere e interpretare la realtà che ci circonda. Per comunicare con l’autore: roberto@peoplegroup.it

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