Programma di allenamento per lo smart leader

Dalla cultura del controllo a quella dell’autonomia

Il lavoro agile, che prevede una flessibilità di tempi e spazi di lavoro, in questo momento rischia di perdere nuovamente il controllo degli spazi. Nell’ideale di smart working, infatti, si può lavorare in ufficio, al bar, a casa, fare meeting in spiaggia o al circolo sportivo.
L’emergenza COVID, che da un lato spinge le aziende ad adottare processi di remotizzazione (cosa in generale positiva, soprattutto nel nostro paese un po’ lento nell’adozione di nuove forme di lavoro), dall’altro costringe molti lavoratori a stare a casa, con una forte limitazione dei contatti e senza mezzi e preparazione adeguata per gestire la situazione (cosa negativa).
Quindi, chi si è adeguato prima, ha maggiori probabilità di superare in maniera brillante questo periodo, dovendosi ingegnare solo nel recupero di una necessaria socialità tra colleghi. Chi non si è adeguato, o non ha potuto, rischia di essere in grave difficoltà.

Controllo, fiducia, autonomia

Se partiamo dal presupposto che il cambiamento che stiamo vivendo deve essere prima culturale, poi strategico e infine operativo, allora dobbiamo fare in modo che cambi in maniera sostanziale il modo di pensare del vertice dell’organizzazione e dei suoi manager.

Per le organizzazioni improntate sulla cultura del controllo, questo periodo rappresenta un problema di difficile soluzione. Le persone non possono più essere osservate, controllate a vista, richiamate ogni qualvolta si distraggono o sono di fronte alla macchinetta del caffè (in realtà, parte del lavoro anche quello).

Ogni problema, tuttavia, porta con sé anche una sfida. In questo caso, la sfida più grande per i manager o i responsabili di un team è passare dal controllo della persona, al controllo degli obiettivi. Per fare questo bisogna creare o consolidare un rapporto di fiducia e credere nella possibilità che i nostri collaboratori possano agire con un maggiore livello di autonomia.

Per estremizzare, in una condizione del genere non si può immaginare il collaboratore in smart working che richiede 4 ore di permesso o la giornata di ferie (a meno che non ci siano situazioni che prevedono servizi garantiti verso l’esterno). Il tempo di lavoro dovrebbe diventare discrezionalità del lavoratore, nei limiti delle sue mansioni. Questo è difficile sia per il collaboratore, sia per il suo responsabile, se non adeguatamente formati (per non parlare degli aspetti amministrativi).

Allenamento per lo smart leader

Già nel precedente articolo abbiamo parlato della necessità di allenare determinate competenze per favorire l’adattamento ad una situazione completamente nuova. Vediamo la situazione dalla prospettiva del responsabile di un gruppo di lavoro e cerchiamo di capire quali sono gli elementi essenziali per favorire un cambio di atteggiamento che faciliti il lavoro di entrambe le parti e abbia un impatto positivo sul business.

Dare fiducia e attivare la delega

Il primo step e la cornice entro la quale si possono riportare tutte le azioni successive è la costruzione di un rapporto di fiducia professionale tra il responsabile e i suoi collaboratori. Non  è semplice. Stiamo parlando di una delle cose più difficili e impegnative del mondo. Per dare e chiedere fiducia è necessaria una grande autorevolezza e una buona propensione al rischio, possibile solo in un’organizzazione che premia comportamenti di questo tipo. Se avete la fortuna di lavorare in un’azienda del genere, o ne siete a capo, allora è possibile giorno dopo giorno dare fiducia in modo trasparente e diretto, per poi cominciare a delegare parte delle responsabilità.

La domanda è: cosa ho fatto oggi per valorizzare il mio collaboratore?

Coinvolgere

La partecipazione al processo decisionale è uno degli elementi più motivanti, soprattutto quando si lavora in remoto. Già Maslow dichiarava che sentirsi parte di qualcosa di più grande, con un obiettivo condiviso con altre persone, in cui ho la possibilità di dire la mia ed eventualmente modificarne l’esito finale, è direttamente connesso alla soddisfazione di un bisogno. Studi successivi sul posizionamento del controllo validano il concetto che le persone si sentono molto più impegnate in una decisione se partecipano al processo decisionale. 

La domanda è: i miei collaboratori hanno dato un contributo alla decisione finale?

Aiutare i propri collaboratori a fare ciò che sanno fare meglio

Ogni persona ha il suo talento e rapportarsi con tutti allo stesso modo potrebbe non essere la soluzione migliore. Nell’ambito della propria mansione, ogni lavoratore dovrebbe poter fare quello che sa fare meglio e che gli dà maggiore soddisfazione. È compito del leader stimolare i collaboratori a esprimere al massimo i propri talenti. E se mi accorgo che non ci sono talenti? Allora forse è ora di ripensare al processo di selezione. 

La domanda è: quali competenze ci sono nel mio team e come le sto valorizzando?

Stimolare il non convenzionale

Soprattutto oggi, in una situazione di grande incertezza e di rapidi cambiamenti, non possiamo pensare di risolvere problemi nuovi con metodi antichi. Premiare la creatività e il pensiero non convenzionale dovrebbe essere una delle azioni principali del leader. Per fare ciò, bisogna rifuggire dall’idiosincrasia dell’errore e premiare la sperimentazione e la propensione al rischio nei limiti di ingaggio relativi alle regole del gruppo e agli obiettivi condivisi. Anche in questo caso, è necessario che la cultura aziendale lo permetta e lo definisca come comportamento desiderato e premiante. 

La domanda è: qual è il livello di creatività e capacità di problem solving nel mio team?

Usare il rinforzo positivo per motivare le persone

Chi fa, sbaglia. Se un collaboratore viene solo punito per i suoi errori diventerà più bravo… a evitare le punizioni. Eventuali punizioni dovrebbero essere marginali e utili più agli altri che al punito. Ciò che permette di crescere come persona e come lavoratore è avere dal leader una guida per capire la direzione giusta, attraverso riconoscimenti, gratificazioni e responsabilità guadagnate sul campo.

La domanda è: come gestisco la meritocrazia all’interno del mio team?

Incoraggiare l’autonomia

Il passaggio da uno stato di dipendenza ad uno stato di autonomia è un passaggio indispensabile in una situazione di smart working. Ogni leader ha una grande responsabilità in questo processo. Persone cresciute in ambienti con una cultura organizzativa differente possono avere maggiori difficoltà nel raggiungere l’autonomia professionale. Il responsabile ha il dovere di supportare  e dare più aiuto a chi ne ha bisogno. Per arrivare a ciò, sono necessari tutti gli step precedenti e… tanto allenamento.

La domanda è: qual è il livello di autonomia dei miei collaboratori?

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Roberto è il responsabile dei progetti di formazione di People Group. Formatore, appassionato di neuroscienze e Guida Canyon, è sempre alla ricerca di nuovi modi per conoscere e interpretare la realtà che ci circonda. Per comunicare con l’autore: roberto@peoplegroup.it

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