Speranza, motivazione e resilienza sono la chiave del successo

Cosa possiamo imparare dal controverso esperimento dei topi affogati

Resilienza è uno dei termini più abusati nell’ultimo anno, forse insieme a smart working e cambiamento (che era già al top delle classifiche da diversi anni). La cosa può a volte annoiare, ma il fenomeno è abbastanza normale. Le parole e il modo in cui le usiamo ci possono dare un’idea del momento storico e dei sentimenti dominanti. I temi del cambiamento e della resilienza emergono sempre in periodi di crisi o in situazioni di stress cronico, come possiamo definire questo momento storico.  Il fatto che se ne parli molto di più di quanto, invece, si mettano in pratica gli stessi concetti, è un altro paio di maniche.

Cosa significa resilienza?

Il significato è stato mutuato dall’ambito tecnico – la capacità di un materiale che subisce un urto di non rompersi – e applicato in altri ambiti, come per esempio la psicologia, trasformandosi nella capacità di una persona o di un team di reagire e rialzarsi a seguito di un evento traumatico. La cosa interessante rispetto alla resilienza, tuttavia, è il fatto di essere una qualità allenabile e influenzabile da altri stati d’animo e atteggiamenti. Due degli elementi che supportano un alto livello di resilienza sono la speranza e la motivazione (intrinseca), anch’essi strettamente interconnessi tra loro.

La speranza effimera dei topi da laboratorio

Il collegamento tra speranza, motivazione e resilienza mi è apparso subito chiaro dopo aver letto un articolo su un esperimento molto controverso, condotto da un ricercatore, tale Curt Richter, biologo e genetista della Johns Hopkins University. L’esperimento, diventato famoso per la sua crudeltà, ha dimostrato come la nostra capacità di resistere allo stress e alle situazioni che arrivano a mettere in pericolo la nostra vita è funzione della speranza. 

La speranza è un elemento fondamentale della motivazione, che a sua volta rappresenta il miglior carburante per il motore delle nostre azioni volte al raggiungimento degli obiettivi più incredibili. Senza motivazione non è possibile vincere le Olimpiadi, arrivare sulla Luna, impegnarsi con successo in una qualsiasi impresa professionale e non. Addirittura, la mancanza di motivazione può portare, in casi limite, ad abbandonarsi alla morte.

Questo era proprio il tema dell’esperimento di Richter che, possiamo dirlo, forse mancava un po’ di empatia o aveva un pizzico di sadismo di troppo; posto che nello scorso secolo era comunque in buona compagnia tra Watson e Little Albert e altri illustri colleghi ansiosi di indagare la mente umana.

Ma cosa fece il nostro Carl?

In breve, prese prima un gruppo di topi domestici e poi un gruppo di topi selvatici, li mise dentro una bacinella piena d’acqua, dalla quale era impossibile uscire, cronometrando il tempo che ci avrebbero messo ad affogare per sfinimento. Contro ogni aspettativa, i topi selvatici, nelle aspettative più forti e abituati alle avversità, morirono dopo pochi minuti mentre la maggior parte dei domestici durò fino a due giorni e mezzo prima di lasciarsi andare.

Questa cosa incuriosì Richter a tal punto che, rimediato un altro gruppetto di topi selvatici da martirizzare, ripeté l’esperimento introducendo la variabile “speranza”: quando un topo era prossimo allo sfinimento, lo prendeva, lo asciugava, lo accudiva e lo faceva riposare… e poi lo ributtava in piscina. Con gran gioia sadica del ricercatore, ora anche i topi selvatici, che avevano l’aspettativa di un aiuto “provvidenziale”, morivano dopo circa due giorni di agonia.

L’eredità di Richter

Al di là della sua simpatia per il mondo animale, quello che ci ha lasciato questo ricercatore, attraverso questo esperimento, è che l’aspettativa di un evento positivo permette di mantenere un elevato livello di motivazione, anche nelle situazioni più disperate. Questo ci fa mettere in atto tutte le azioni necessarie a raggiungere il nostro obiettivo con un’intensità e una perseveranza inaspettate.

La nostra capacità di impegnarci e combattere per raggiungere un qualsiasi obiettivo dipende in modo diretto da quanto effettivamente crediamo di poterlo raggiungere. Oltre ad avere la capacità di mobilitare maggiori energie per perseverare nel compito, il tempo più lungo in cui siamo impegnati permette anche di aumentare la probabilità che accada qualcosa di positivo, che ci aiuti ulteriormente nel nostro sforzo.

Persone che si percepiscono “senza speranza” sono persone senza commitment e senza motivazione. 
Collaboratori senza speranza smetteranno di combattere per raggiungere l’obiettivo comune.
Ti sei mai chiesto qual è il livello di “speranza” all’interno del tuo team?

Speranza, motivazione e resilienza sono la chiave del successo. Cosa possiamo imparare dal controverso esperimento dei topi affogati 1
Roberto è il responsabile dei progetti di formazione di People Group. Formatore, appassionato di neuroscienze e Guida Canyon, è sempre alla ricerca di nuovi modi per conoscere e interpretare la realtà che ci circonda. Per comunicare con l’autore: roberto@peoplegroup.it

Photo Credit: Alexandr Gusev