Conoscere i bias cognitivi

Per vedere altri mondi

Quanto ci piace andare al cinema o accedere a Netflix per vedere un bel film ed essere rapiti da una bella storia?

Ci piace così tanto che, anche sapendo che è una finzione, non possiamo fare a meno di immedesimarci con alcuni personaggi e situazioni, piangere, ridere e provare emozioni anche profonde di fronte allo spettacolo che vediamo.

Lo spettacolo piace così tanto anche al nostro cervello che appena spegniamo la TV, continua a farci godere di un altro spettacolo, sempre fittizio, anche se non ce ne accorgiamo: quella che chiamiamo la realtà.

Tutti gli stimoli che bombardano ogni secondo i nostri sensi, sia dall’interno sia dall’esterno, vengono selezionati, prontamente trasformati in piccole scariche elettriche, convogliati in specifiche aree del cervello e rimessi insieme in tempi rapidissimi per darci l’impressione di vedere e sentire il mondo che abbiamo intorno.

Come potete ben immaginare, questo processo è dispendioso e faticoso, e alla nostra mente non piace faticare. Si si riscalderebbe troppo, proprio come un processore. Per evitare di esplodere, quindi, ha trovato una serie di escamotage particolarmente efficaci.

Il primo è rappresentato da una imprecisione diffusa; il secondo da un’automazione della maggior parte dei processi, in modo da non dover ogni volta rifare tutto il lavoro da capo. 

Per fare questo, usa meccanismi in parte innati, in parte basati sulle nostre esperienze passate, in modo da dirigere il traffico di impulsi elettrici che attraversa il nostro encefalo e inviarli dove ritiene più utile e necessario per la nostra sopravvivenza. Incanalare queste scariche elettriche in un modo piuttosto che in un altro è alla base di ciò che viene chiamato, nel linguaggio psicologico, bias.

Ma cos’è un bias?

Il bias (e già la pronuncia “baɪəs” ci fa apparire più dotti) è una forma di distorsione della realtà che deriva da un adattamento di livello evoluto del nostro cervello, in modo da rendere più efficiente il sistema percettivo. Di fatto è una sorta di scambio automatico dei binari che smista le scariche elettriche assegnandogli un significato.

La cosa interessante è che, a seconda di come vengono trattati questi piccoli potenziali elettrici, vediamo e sentiamo cose differenti, a volte completamente inventate. Buona parte dei cosiddetti “bias” – delle distorsioni cognitive che ci fanno vedere una realtà basata su un’interpretazione soggettiva dei dati – funzionano più o meno in questo modo.

Una scorciatoia per far lavorare meno il cervello e prendere decisioni statisticamente più veloci e performanti, ma che al tempo stesso può dare risultati paradossali, un po’ come le illusioni ottiche (di fatto delle distorsioni cognitive). Ce n’è di tutti i tipi: dal bias di conferma, in cui tendiamo a vedere solo le cose che confermano le nostre convinzioni, al bias del picco-fine – molto utile – in cui tendiamo a ricordare solo le cose che sono accadute alla fine o in momenti emotivamente rilevanti; dal bias di sopravvivenza, che ci fa prendere in considerazione solo chi “sopravvive” a certi eventi, al più pittoresco e subdolo bias “del senno di poi”, grazie al quale crediamo di aver saputo predire correttamente un certo evento.

Altri esempi?

Bias di scelta: che ci fa ricordare le scelte fatte e non quelle escluse;
Bias del disagio: che ci fa ricordare sempre meno le situazioni spiacevoli (a meno che non siano particolarmente traumatiche)
Bias etnico: che ci fa riconoscere meglio persone del nostro gruppo etnico (provate a riconoscere un cinese in un gruppo di cinesi…)

Insomma, la lista potrebbe essere infinita.

Di quale distorsione cognitiva sei stato vittima (non barare, non c’è scampo per nessuno)?

A proposito, l’immagine di copertina è ovviamente una bolla di sapone (e non  un pianeta).

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Roberto è il responsabile dei progetti di formazione di People Group. Formatore, appassionato di neuroscienze e Guida Canyon, è sempre alla ricerca di nuovi modi per conoscere e interpretare la realtà che ci circonda. Per comunicare con l’autore: roberto@peoplegroup.it

Photo Credit: Erebus, Kevin Mueller